
Quando ho letto per la prima volta, in fase di organizzazione del viaggio in Bretagna, del Festival Interceltico di Lorient, sono rimasto folgorato. Il Festival è una manifestazione prevalentemente musicale, alla quale partecipano paesi accomunati tra loro dall’origine celtica. In realtà, il Festival è un elogio più ampio, culturale e quasi antropologico, alle popolazioni di origine celtica. Oltre ai bretoni, vi partecipano quindi scozzesi, irlandesi, gallesi, asturiani, galiziani ma anche canadesi e australiani (oltre a rappresentanze dell’Isola di Man e della Cornovaglia). Ogni anno, nei primi quindici giorni di Agosto, sotto la guida del paese celtico cui è dedicata l’edizione quell’anno, la cittadina di Lorient, altrimenti abbastanza anonima, si tinge dei colori delle bandiere nazionali, dal blu scozzese al verde irlandese, fino al nero Guinness. La zona del porto turistico si riempie di tendoni e bancarelle, di cucine e spillatrici, le strade si popolano di kilt e del suono delle cornamuse, di flauti, tamburi, piedi che battono in balli sfrenati, brindisi, urla, risa…
Una grande festa a cielo aperto, bagnata da birra e sidro, piena di felicità, amicizia ed uguaglianza.
Imperdibile!!!
Il Festival Interceltico di Lorient
Agosto 2017 – Anno della Scozia.

Arriviamo a Lorient di prima mattina (con Siggy di un anno e mezzo, di prima mattina vuol dire almeno alle 10), dopo aver percorso i circa 50 km che separano la città da Vannes.
L’impatto con Lorient non è dei più positivi, dopo le bellezze architettoniche di Vannes o Auray, i palazzoni anni ‘80 della città non ci entusiasmano. Essendo stata praticamente rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale, Lorient non offre le architetture medievali delle sue vicine.
Ma noi siamo qui per il Festival Interceltico!
Parcheggiamo la macchina vicino all’ingresso del Parc Jules Ferry, da cui inizia l’area pedonale transennata che arriva fino al porto turistico, dove si sviluppa la parte principale del festival (ci sono poi altre zone della città dove si svolgono diverse attività sempre legate al festival).
Sono circa le dieci del mattino, e le attività commerciali si apprestano a riaprire. Le nottate del festival devono essere lunghe, allegre e affogate nella birra. Le mattine successive, quiete e cariche di postumi.
Inganniamo l’attesa fino all’apertura degli stand, facendo una passeggiata sino al porto turistico. Il giorno precedente si è svolta la parata navale legata al festival, con imbarcazioni da tutte le coste, francesi e non, giunte al porto di Lorient cariche di bandiere colorate. Quella mattina, osserviamo dalla banchina del porto, i preparativi degli equipaggi per riprendere il mare. Ci sono centinaia di barche. Dagli eleganti natanti a vela, alle basse e lunghe imbarcazioni a remi, fino ai tradizionali battelli della costa bretone. Le attività preparatorie sono frenetiche e una dopo l’altra, lentamente, le imbarcazioni escono dal lungo e stretto porto verso il mare aperto. Una lunga processione di navi colorate ed esperti lupi di mare.
Un vecchio, sulla panchina alla nostra destra, accompagna l’uscita delle navi suonando melodie celtiche con un piccolo flauto, per la gioia del piccolo Siggy (e per la mia).
Gli stands cominciano ad aprire, le strade ad animarsi.
Lo stand centrale, vicino al porto, ospita i tendoni, di dimensione variabile, dei diversi paesi. Visitiamo il tendone del Galles, dell’Asturia, dell’Irlanda, dell’Isola di Man. Si svolgono attività di promozione turistica, ma, soprattutto, sono presenti cucine e spillatrici di birra. Un grande palco con pista da ballo ospita i gruppi musicali che iniziano ad esibirsi, mentre la gente si scatena in danze tradizionali accompagnate dai giovani suonatori. L’atmosfera si riempie pian piano del suono delle cornamuse.
Verso le 11, un individuo in kilt, decisamente esuberante, si complimenta con me per la maglietta che indosso (la maglietta della nazionale di rugby irlandese, stessa maglietta che indossa il piccolo Siggy). È il primo di una lunga serie di individui esuberanti che incrociamo.
Lo stand più grande è, ovviamente, dedicato Scozia. Sempre accompagnati dalle cornamuse, ordiniamo la nostra prima Guinness, offrendola, nel suo battesimo alcolico, a Siggy (il quale non pare apprezzare molto).


L’organizzazione per i pagamenti nell’area del festival è ottima: si acquista la Celtic Card, nella zona centrale del festival, e la si carica del quantitativo desiderato di euro (ci sono innumerevoli sportelli- ricarica sparsi per tutta l’area e non c’è mai coda). Con la carta si può poi procedere con l’acquisto di cibi, bevande, biglietti per gli eventi a pagamento, senza dover mai maneggiare denaro. Anche le caparre per i bicchieri riconsegnati vengono riaccreditate sulla tessera.
Consumiamo il nostro pasto nel settore centrale, ci sono una moltitudine di casse dove poter ordinare (tantissimi giovani a servire) e poca gente in coda, per cui non ci mettiamo troppo tempo. Ordiniamo salsiccia e patate per tutti e tre, anche se uno dei tipici piatti del festival pare essere l’Andouillette, una salsiccia di frattaglie di maiale o vitello.
Siggy si diverte a lanciare pesanti palle di legno, nel pieno spirito celtico. La mia indole elfica mi suggerirebbe di darmi alla pazza gioia, tra fiumi di Guinness e danze sfrenate (e postumi risultanti). Lo spirito conviviale dalla festa è contagioso, e vorrei rimanere tutta la notte ad assaporarla appieno. La vita reale, tuttavia, ci riporta verso Vannes. Lasciamo i Celti al loro baccanale, felici di esserne stati parte, anche se solo per un fugace momento.