Da Oak Bluff a Edgartown, e il ponte di “Jaws”
Ripartiamo nel primo pomeriggio verso Edgartown, vecchio villaggio dei cacciatori di balene. Da Oak Bluff, si percorrono circa 10 km sulla striscia di terra che divide il Sengekontacket Pond con il mare aperto. Senza rendercene conto, superiamo il ponte della scena de “Lo squalo”, in cui il predatore attacca la barca del pescatore. Durante l’estate, la spiaggia che si affaccia sul mare, si riempie di turisti (quelli che scappavano nel film).

Edgartown

A differenza di Oak Bluff, Edgartown appare un centro più residenziale e “ricco”, con diversi quartieri formati da eleganti case e ville, tutte dello stesso colore bianco, con giardini curati e bandiere a stelle e strisce che sventolano orgogliose. Vagando per le strade cittadine, ci spingiamo fino alla punta est di Edgartown, giungendo all’Harbor View Hotel, storico albergo iconico di Matha’s Vineyard, fondato nel 1891 (una sorta di Overlook Hotel versione isolana). Lasciamo le bici di fronte all’elegante struttura per dirigerci al faro e alla spiaggia, con la vista del mare aperto da un lato, e delle banchine del molo (anch’esse immortalate in una scena dello Squalo) dall’altra.
Dopo una breve sosta alle banchine del traghetto che porta alla dirimpettaia Chappaquiddik Island, riprendiamo la strada
per Vineyard Haven, dove ci aspetta la nave delle 17:00, per il ritorno a Wood’s Hole. Abbandonando la costa, seguiamo la strada nell’entroterra, circa 15 km di leggeri sali e scendi, che rallentano ancora di più l’andatura di Tony. Costeggiamo case isolate in mezzo alla campagna e ai boschi, campi da football americano, logge massoniche (!), allevamenti di lama. Arriviamo a Vineyard Haven con discreto anticipo, riconsegnando le biciclette al leggins attillato multicolor della mattina.

Una sorpresa però ci attende al molo del traghetto. L’imbarcazione proveniente da Woods Hole si è guastata al porto di partenza, occupando l’unico imbarcadero disponibile (quello che volevano evitare nel film Dunkirk) impedendo dunque l’attracco ad altri traghetti. Siamo bloccati sull’isola. Gli inservienti della compagnia di navigazione non sanno dirci quanto tempo ci vorrà per partire, “more than an hour” , “at least two hours”, ”no idea” sono le risposte più comuni. Un cordone di fuoristrada della polizia si para davanti alle banchine. Non si assiste ad alcuna sceneggiata o protesta da parte dei passeggeri, come viceversa sarebbe se fossimo in Italia (capannelli di persone ad assediare gli operatori della compagnia, richieste di risarcimento, urla, pianti, grida) ma anzi sono tutti molto pacati e tranquilli, chiedono cortesemente informazioni, ed accettano fatalmente le risposte poco chiarificatrici. È successo, pazienza, aspettiamo.

E lo stesso pensiamo noi. È successo, pazienza, cerchiamo una birra. Un isolano a cui chiediamo informazioni e con cui scambiamo qualche parola sull’Italia (“Is Berlusconi your Trump?” “no, your Trump is our Berlusconi”) ci indirizza alla Black Dog tavern , un ristorante con cucina americana, vista porto, dove mangiamo bistecche e troviamo la tanto desiderata IPA (Bad Martha, autoctona dell’isola). A Vineyard Haven non sono presenti molti locali dove cenare, per cui il Black Dog è preso d’assalto da tutti coloro che si trovano nella nostra stessa situazione di forzati isolani. Ci attardiamo nella cena, tanto che dobbiamo poi affrettarci a dirigerci alla nave, che comunque parte senza di noi, salutandoci con la sirena.
Fortunatamente ci imbarchiamo su un traghetto che parte poco dopo, ma che rimane all’imboccatura del porto di Woods Hole un’ora circa (in attesa che terminino le operazioni di sbarco della nave precedente)
La “disavventura” del ritorno, non toglie nulla alla splendida giornata a Martha’s Vineyard, neppure la multa che, ovviamente, troviamo sulla macchina.
Considerazione su Martha’s Vineyard
L’isola, rifugio dell’élite americana, può essersi modellata nel tempo per accogliere un tipo di turismo non classicamente popolare, ma i paesi di villeggiatura, nei quali non si può fare a meno di respirare le atmosfere dei classici film americani (tra cui anche lo squalo), o le fantastiche ville con vista oceano, regalano un piacevole senso di immersione nello spirito degli USA conosciuto mediante i film visti in gioventù (decisamente idilliaco rispetto alla realtà). E visitare l’isola a fine inverno, senza la calca di turisti (non oso immaginare cosa sia Agosto su Martha’s Vineyard) con il fervente lavoro di ristrutturazione delle case lasciate in balia delle rigidità atmosferiche invernali del New England, ti lascia un misto di malinconia e meraviglia.