Molte sono le attrazioni paesaggistiche e architetturali offerte dalla Bretagna. In un territorio relativamente piccolo, si incontrano scogliere sferzate da violenti moti ondosi e medievali borghi di casette in pietra e legno. Si attraversano foreste millenarie e ci si rilassa su sabbiosi litorali affollati di turisti. Una delle maggiori ricchezze della Bretagna, tuttavia, sono le isole.
Centinaia di isolotti; semplici scogli abitati da soli uccelli marini o lussureggianti isole popolate da fieri pescatori. Le più note, e frequentate dai turisti, sono la Île de Bréhat, nella Manica, ricca di ville dell’ottocento, la Île de Batz sede del famoso giardino esotico e la Île de Sein, ultima terra prima dell’immensità dell’Oceano Atlantico.
Attratti dall’eroica e per certi versi mitologica ubicazione, decidiamo di visitare la Île de Sein.
Île de Sein,la mappa
Île de Sein,la storia
La Île de Sein si trova al largo della costa del Finistere, a circa otto chilometri dalla Point du Raz, separata da quest’ultima dallo stretto noto come Raz de Sein. Tutto il tratto di mare nei dintorni dell’isola, il Chaussée de Sein, è una vasta zona di scogli a fil d’acqua, che ha richiesto, nei secoli, la costruzione di numerosi fari, ed ha causato il naufragio di innumerevoli natanti (la quasi interminabile cronaca dei naufragi è consultabile al museo insulare).
Secondo le leggende, la Île de Sein era abitata da un gruppo di sacerdotesse druidiche vergini, in grado di predire il futuro e di calmare gli eventi atmosferici. Che sia vero oppure no, sull’isola sono stati rinvenuti due menhir, testimonianza della presenza di uomini in epoca preistorica.
Arrivare all'Île de Sein
Per giungere all’isola, si prende il traghetto da Audierne, che in circa un’ora di traversata, giunge al porticciolo del Île de Sein (attenzione perchè il porto di partenza e di arrivo sull’isola può variare a seconda della marea).
Nell’ora di navigazione, veniamo istruiti da un’avvenente marinaia, probabilmente una discendete delle antiche sacerdotesse druidiche (vergini), sulla storia, la fauna e la flora del tratto marino che stiamo percorrendo.
Sullo sfondo, poco lontano, la costa brulla, punteggiata da poche case bianche, e le Pointe-du-Raz, con le sue alte scogliere.
Attracchiamo al porto sud del île de Sein intorno alle 10 di mattina. Il traghetto che fa spola, due-tre volte al giorno, con la terraferma porta i beni di prima necessità agli isolani. Sul île de Sein sono bandite le automobili (l’isola ha una superficie di solo 0.58 km² con una popolazione di 211 abitanti e un’altitudine massima di 9 mt s.l.m.) gli abitanti, quindi, affollano il molo con carretti trasportati a mano. L’immagine dell’abitante dell’isola, che aspetta, sulla banchina del porto, l’arrivo del battello con posta, alimenti, o un famigliare che torna dalla terraferma, è un immagine affascinante dello stile di vita degli isolani.
Ci sediamo ad osservare gli abitanti che caricano sui propri carretti i beni arrivati con il traghetto (tranne i famigliari) e che salutano il battello carico di chi, passata la notte sull’isola, ritorna sul continente.
Rimasti soli sul molo, ci dirigiamo nel borgo cittadino.
Il Borgo
Basse case bianche dai tetti in pietra si affacciano sul piccolo golfo chiuso tra i due porti. Siamo arrivati con l’alta marea e l’acqua lambisce il muro del lungomare Quai de Pampolais. Decidiamo di prenotare un tavolo per pranzo (dato il modesto flusso di turisti), al La Maison Bleue. La cordiale proprietaria, ci chiede subito cosa desideriamo per pranzo, in modo da potersi organizzare (su un’isola così piccola, non si spreca niente). Valery ordina un’insalatona, una pizzetta per Siggy, mentre io condanno un astice appena pescato (non senza una leggera nota di rimorso). La proprietaria ci farà trovare tutto pronto per le 12:30.














Nelle due ore successive, abbiamo il tempo di visitare il museo del île de Sein, nel quale viene raccontata la storia dell’isola, dei primi coloni, e della gloriosa resistenza della popolazione durante la seconda Guerra Mondiale (tanto che la comunità fu insignita dell’Ordre de la Libération, onorificenza francese seconda solo alla legion d’onore). In biglietteria ci attende una signora anziana, che rappresenta essa stessa l’isola, i ricordi, le tradizioni, la vita “diversa” che qui le persone conducono. Appare molto preoccupata dai segni portati in faccia da Siggy (ricordo della Pointe du Raz del giorno prima) e ci chiede un paio di volte se l’avessimo portato dal dottore… cuore di nonna… Dopo aver chiacchierato un po’ con la signora entriamo al museo.
La sala più significativa è quella che racconta la cronaca dei naufragi, dalla seconda metà del 1800, fino ai giorni nostri. Lavagne nere appese alle pareti elencano i nomi dei natanti naufragati, il numero di morti e dispersi e dei marinai tratti in salvo. Comprendiamo così, chiaramente, il motivo per cui le Chaussée de Sein è così temuto dai marinai.
Usciti dal museo ci dirigiamo verso l’estrema punta ovest dell’isola, dominata dall’alto faro
Il faro del île de Sein
Visitiamo prima la chiesa Saint Guénolé, sita di fianco ai due menhir preistorici. I preparativi di una cresima, o comunione, ci fanno assistere al congiunto lavoro della comunità. Lasciamo le ultime case del borgo, seguendo la strada verso il faro.
L’île de Sein non ha alberi. La vegetazione è composta da erica e piante marine, con un clima tipicamente atlantico. Il cielo plumbeo, infatti, decide di riversare una leggera, ma persistente, pioggia su di noi. La perturbazione oceanica non disturba la popolazione autoctona e una famiglia si concede un bagno nell’oceano.
Giungiamo al Grand Phare de l’île de Sein dopo aver superato il monumento alla Force Franceis Libre (FFL). Il biglietto di ingresso è ridotto se acquistato insieme a quello del museo, così ci ha spiegato la dolce nonnina del museo e così noi abbiam fatto. Il faro, costruito nel 1950, dopo la distruzione, durante la guerra, del precedente faro del 1839, con i suoi 53 mt. è la costruzione più alta dell’isola. Alla base della torre, dei cartelli spiegano l’utilizzo delle boe segnaletiche per superare il Chaussée de Sein. In cima, dopo aver scalato i numerosi gradini, si ha una spettacolare vista dell’île de Sein in tutta la sua estensione e dell’Oceano Atlantico, in tutta la sua vastità.

Valery ed io facciamo a turno per salire sul faro e stare con Siggy, intento a lanciare pietre contro la grossa boa di ferro.
Le due ore stanno passando, l’astice sta aspettando.
Tornando sulla terraferma
Ritorniamo sui nostri passi verso il borgo, raggiungendo la Maison Bleue e le nostre portate scelte già dal mattino. L’astice è qualcosa di incredibile, servito con patate al burro, sicuramente uno dei piatti migliori mangiati in Bretagna. Il conto non è altrettanto gradevole (non solo per l’astice, ma anche per l’insalata e la pizzetta), ma in fondo, siamo su un’isola, in vacanza e se devo essere sincero questo pranzetto succulento, su un tavolino all’aperto, con sidro, vista oceano, Valery e Siggy è una esperienza cui è difficile dare un prezzo. Credo che resterà in me un po’ come una “petite madeleine“.
I nostri vicini di tavolo sono una coppia di veneti di mezz’età, giunti con il battello della tarda mattina e che si fermeranno per la notte sull’isola. Stanno facendo un giro di tutte le isole della Bretagna pernottando su ognuna di esse. La sera, infatti, quando il grosso dei turisti è tornato sulla terraferma, si assapora al meglio la vita isolana (grazie a questa conversazione, deciderò di pernottare sulle isole Orcadi l’anno successivo alla Bretagna). Parlando di viaggi, ci raccontano che il figlio sta trascorrendo una vacanza in camper in Norvegia. Diciamo loro che è un’esperienza che vorremmo vivere, e loro ci raccontando che, a causa degli esorbitanti prezzi scandinavi, e del clima non propriamente estivo, il figlio e la famiglia sono bloccati da diversi giorni in camper sotto la pioggia, mangiando insalata e carne in scatola.
Prima di riprendere il traghetto del pomeriggio per tornare sulla terra ferma, abbiamo tempo per visitare la parte orientale del borgo, delimitato da lunghi frangiflutti che creano un porto sicuro per le barche ormeggiate. La marea si è abbassata dal nostro arrivo, per cui diverse imbarcazioni sono incagliate sul fondale, mentre gruppi di ragazzini si spingono sul fondale libero dell’acqua, in cerca di frutti di mare. Anche le Quai de Pampolais non è più lambita dal mare ed il porto d’arrivo non è più agibile per l’attracco dei traghetti.
La visita all’Ile-de-Sein è stata una delle migliori giornate in Bretagna. Nelle poche ore trascorse sull’isola, ci siamo immersi nell’impattante atmosfera del paese di pescatori isolato dal resto del mondo, in balia della forza degli elementi atmosferici e dell’immensità oceanica. L’orgoglio degli isolani è ben visibile, ma la cordialità nei confronti degli esterni non manca.
Ci allontaniamo dalla costa dell’isola soddisfatti e affascinati, di rotta nuovamente verso la terraferma, accompagnati dal saluto di un banco di delfini.