Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte.
Potrei scrivere di aver amato i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Potrei, ma non sarebbe vero. In fondo, quando lo lessi (obbligatoriamente alle scuole superiori, un istituto tecnico del lecchese) ero poco più che un acerbo ragazzino, con altri pensieri per la testa. Probabilmente lo apprezzerei diversamente adesso, in età più matura, ma provo un leggero timore nel riprendere in mano tale scritto.
Seppur ragazzino disinteressato, già allora mi rendevo conto dello spessore e della complessità di alcuni personaggi. Colui che preferivo era probabilmente Fra Cristoforo, saggio frate dal turbolento passato. D’altro canto, Renzo e Lucia, e Don Abbondio, trovavo loro insopportabili. Altro personaggio dalla forte presenza scenica era senza dubbio l’Innominato. Oscuro signore del lecchese, dal passato ricco di crimini e malefatte. L’innominato appare nel romanzo come carceriere di Lucia, imprigionata per ordine di Don Rodrigo. Lucia non si trova di fronte un gretto assassino, ma un uomo nel pieno di una trasfigurante crisi spirituale, innescata dall’arrivo a Lecco del cardinale Federico Borromeo. Il Manzoni utilizza il personaggio dell’innominato, il male, in contrapposizione al personaggio storico del cardinale, per evidenziare la grandezza umana di quest’ultimo. Grazie alla pura bontà di Lucia, e alla santità del Cardinale, l’Innominato si pente, fino a liberare la poveretta.
Con tutta probabilità il personaggio dell’Innominato non è mai esistito. Nella sua creazione, il Manzoni si ispira al poco raccomandabile Francesco Bernardino Visconti, da cui lo stesso autore discende da parte di madre, ma prende anche spunto dalle cronache di Giuseppe Ripamonti, in cui viene descritta la conversione di un bandito comune per mano del Cardinale Borromeo. La storiografia manzoniana identifica però un luogo preciso in cui sorge quello che fu il maniero del personaggio dei Promessi Sposi. Il castello di Somasca, sopra Vercurago, un tempo dominante la strada tra Lecco e Bergamo, all’imbocco della Valle di San Martino, ora poco più di un rudere.
San Girolamo Emiliani
Ma Somasca non è conosciuta in zona solo per la presenza delle rovine del castello dell’Innominato. La valletta sottostante il “maniero”, fu scelta da Girolamo Emiliani come centro per la propria opera di beneficenza a favore di orfani e bisognosi.
Girolamo Emiliani, nato a Venezia nel 1486 era un giovane del patriziato veneziano, con la prospettiva di una brillante carriera militare e politica. Partecipò ventenne alle Guerra della Lega di Cambrai (1508-1516). La Lega nacque allo scopo di contrastare l’espansione della Repubblica di Venezia nella penisola italiana, e la guerra che scoppiò vide contrapposte le principali potenze dell’Europa occidentale dell’epoca. Grazie ad un imponente sforzo finanziario e diplomatico, Venezia riuscì a ribaltare spesso le alleanze, giungendo alla fine della guerra con i confini quasi inalterati, perdendo però ogni velleità di espansione sul territorio italiano.
Girolamo combatté nella difesa della fortezza di Castelnuovo di Quero sul Piave, che venne conquistata dalle forze francesi guidate da Jaques de La Palice (colui da cui si coniò il termine lapalissiano). Imprigionato nelle segrete della stessa fortezza, con ceppi a mani, piedi e collo, Emiliani trovò conforto nella preghiera. Il giovane riuscì misteriosamente a fuggire dal campo di prigionia, attribuendo il merito di tale fuga alla Madonna.
Da quel giorno Girolamo Emiliani si avvicinò sempre più alla chiesa e ad azioni misericordiose, tanto da offrirsi volontario in soccorso alla popolazione di Venezia durante la peste del 1528, contraendola lui stesso. Nel 1531 lasciò definitivamente la casa paterna dedicandosi a tempo pieno all’opera cristiana. Girolamo si sposta nel Nord italia, da Venezia a Milano fondando scuole di arti e mestieri e luoghi di accoglienza e di formazione per poveri orfani. I proseliti crescono e per trovare un luogo per la Compagnia, Girolamo si sposta nella Valle del San Martino nel lecchese, dove fonda la comunità dei Padri di Somasca. I Chierici regolari di Somasca, la cui vocazione è l’educazione di giovani in difficoltà e di orfani, si sono espansi da allora, giungendo oltre confine. Il Santuario di Somasca rimane però la casa madre dell’ordine, ed ogni 8 Febbraio viene celebrata la festa liturgica, venerando le spoglie del santo qui custodite.
Salire al Castello dell'Innominato, passando dalla Valletta
Per salire al Castello dell’Innominato, il modo migliore è parcheggiando l’auto nei pressi del Santuario di San Girolamo Emiliani dei Padri Somaschi, a Somasca, sopra Vercurago. Il parcheggio è gratuito, e da qui, è possibile partire a piedi verso la Valletta, dove si incuneano le prime strutture erette dall’ordine. Seguendo Via San Girolamo, si attraversano i vicoli di Somasca, superando i luoghi legati alle opere del Santo, come l’istituto delle Suore Orsoline di Somasca. In breve si arriva allo spiazzo da dove inizia la strada pedonale verso la Valletta.
Sia in primavera che in autunno, il percorso è costeggiato da una fila di alberi che creano una suggestiva immagine. Sulla strada si affacciano inoltre stazioni che raffigurano episodi salienti della vita del Santo. Il castello dell’Innominato si staglia sulla costa del monte soprastante, a guardia della strada.
A metà percorso, una scala composta da alti gradini rozzamente intagliati nella pietra si arrampica sul fianco della montagna, innalzandosi nel folto degli alberi. La Scala Santa. Fu costruita e mantenuta da San Girolamo, e conduce all’eremo che Emiliani utilizzava per meditare e pregare. La scala può essere percorsa solo in salita (è peccato affrontarla in senso inverso, e anche pericoloso) ed è sicuramente un ottimo allenamento per i polpacci ed il fiato (oltre che per lo spirito)
Se il proprio fisico non è dei più allenati, si può evitare la scala proseguendo per la valle che porta al santuario cintato della Valletta. Il complesso religioso sembra essere fuori dal tempo. Diverse cappelle ed edifici, la chiesa, la fonte che sgorga dalla roccia, il tutto che si affaccia sul lago a fondo valle. Si torna indietro nella storia. Si ritorna in epoche in cui i pellegrini affrontavano lunghe marce per giungere ai luoghi di culto. Tempi in cui la religione era sentita in maniera maggiore rispetto ad ora, e che faceva largamente parte della vita delle persone comuni.
Ma oltre allo spirito, bisogna nutrire il corpo. Poco distante l’uscita superiore del complesso, immerso nel verde, la trattoria La Rocca offre una buona cucina casereccia, con polente e selvaggina, affettati e pansotti al burro. E’ un ottimo luogo per ristorarsi e scaldarsi al sole dopo un lauto pasto.
La Rocca è raggiungibile anche in macchina salendo da Chiuso, anche se la strada è molto ripida.
Il Castello dell'Innominato
Dalla Rocca, una breve salita porta allo spiazzo di fronte alle mura diroccate del Castello dell’Innominato. Gruppi di giovani sul prato gozzovigliano all’ombra delle mura, come antichi popolani la cui vita ruota attorno alla rocca. Resti di falò fanno intendere che la sera il castello non rimanga totalmente abbandonato.
Dall’ingresso Nord, dopo un’altra breve rampa di gradoni, emergiamo all’interno della cerchia di mura esterne. Anche qui, gruppi di boy-scout cantano sotto la luce flebile del tramonto.
La cinta di mura più interna comprende anche la cappella di Sant’Ambrogio costruita nel 1339, in commemorazione della vittoria di Azzone Visconti nella Battaglia di Parabiago, durante la quale, secondo la leggenda, proprio il patrono di Milano intervenne a favore dei milanesi. La cappella stona rispetto allo stato di rovina delle mura. Della struttura originale del castello infatti, non sono presenti che rovine, in quanto il grosso della Rocca venne distrutta nel 1509 dalla Lega di Cambrai. Con l’arrivo di Emiliani, parte del castello venne ristrutturato, per accogliere le strutture delle opere del Santo, e venne donato ai padri somaschi nel 1628.
Nella cerchia interna, una grossa croce ferrea è visibile da lontano.
Dal castello si ha una posizione strategica sulla Valle San Martino, oltre sull’imbocco del Lago di Garlate che diventa Adda.
L’uscita Sud porta verso la ripida scalinata, originale, che giunge all’apice della Scala Santa di Girolamo, e del suo eremo. Non potendo percorrere la scala in discesa, un ampio giro riconduce al Santuario, da cui il viale alberato ci riporta a Somasca.
Seppur la camminata sia semplice, il luoghi toccati sono carichi di un atmosfera particolare. L’opera religiosa del santo Girolamo Emiliani echeggiano nel santuario della Valletta, le immaginarie gesta nefande dell’Innominato, insanguinano le rocce diroccate del castello.